cadenza di pedalata
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La cadenza di pedalata ottimale per migliorare le prestazioni

La cadenza di pedalata è una delle poche variabili che il ciclista può gestire durante la sua prestazione. A differenza di altri sport ciclici come il podismo, il canottaggio o il nuoto, la variazione della velocità di avanzamento non è strettamente correlata all’aumento della frequenza dei movimenti in quanto il ciclista ha la possibilità di utilizzare i rapporti della trasmissione.

Sono stati condotti numerosi studi su quale sia la cadenza di pedalata alla quale si può esprimere la massima potenza con il minor dispendio energetico possibile, arrivando a risultati spesso contrastanti tra loro.

A questo punto, come possiamo sapere quale sarà la nostra cadenza ideale? Ho riassunto tutti i punti in comune dei diversi studi in modo da poter raggiungere una definizione univoca, il tutto riportato in questo articolo.

La cadenza di pedalata

La forza che il ciclista deve applicare ai pedali per trasmettere una determinata potenza alla ruota dipende dalla cadenza della pedalata (rpm: rivoluzioni per minuto). Cadenze ridotte implicano un tempo di applicazione della forza elevato e quindi tensioni muscolare protratte per un certo intervallo di tempo; viceversa cadenze elevate implicano un ridotto intervallo di tempo di applicazione della forza e quindi tensioni muscolari di durata più breve. A 60 rpm occorre 1 secondo per completare la rotazione della pedivella, mentre a 90 rpm servono 0,66 secondi, implicando una riduzione del tempo di contrazione muscolare del 4%. Pertanto, basse frequenze di pedalata, associate a sforzi intensi e rapporti lunghi, portano a una elevata e prolungata contrazione muscolare che restringe i capillari e ostacola l’irrorazione sanguigna ed il trasporto di ossigeno, cosa che invece avviene in maniera ridotta ad elevate frequenze di pedalata. Assodato questo, un’elevata frequenza di pedalata richiede un’elevata elasticità muscolare, intesa come capacità del tessuto muscolare di assumere nuovamente la forma di riposo una volta cessata l’azione della forza deformante e capacità coordinative che vanno, ovviamente, allenate e migliorate.

La cadenza di pedalata è determinata anche dalla composizione delle fibre muscolari, dalle capacità aerobiche e anaerobiche, dall’elasticità muscolare; infatti, per una determinazione scientifica e individuale della corretta cadenza di pedalata di dovrebbero eseguire test che analizzino la potenza sviluppata, la velocità, la cadenza di pedalata spontaneamente selezionata dall’atleta, la frequenza cardiaca e la concentrazione di lattato ematico.


La cadenza ottimale dal punto di vista biomeccanico

La maggior parte dei tecnici è d’accordo nel ritenere ottimale la cadenza che consente di sostenere la stessa potenza nella pedalata con il minor consumo di ossigeno.

Dal punto di vista biomeccanico, ai fini i valori di cadenza ottimali, di considerano diversi parametri: la gross efficiency (GE) cioè il rapporto tra lavoro meccanico esterno prodotto dal ciclista e dispendio energetico, il Crank inertial load (CIL) ovvero il carico inerziale della pedivella, che aumenta proporzionalmente alla velocità angolare della pedivella, ovvero della velocità angolare per effetto delle spinte applicate sui pedali, forza e potenza e il Picco di forza che si raggiunge quando la pedivella è posizionata a 90° durante il ciclo di pedalata ed è minimo quando è ai “punti morti” , cioè 0° e 180°.

La cadenza ottimale


La cadenza ottimale dal punto di vista neuromuscolare
Attività neuromuscolare

L’analisi elettromiografica evidenzia un ritardo nell’affaticamento neuromuscolare a cadenze comprese tra 80 e 90 rpm. Tuttavia, con l’aumentare della cadenza si è visto come aumentino anche le co-contrazioni muscolari, perché, aumentando la velocità di esecuzione del movimento di pedalata, il controllo neuromuscolare risulta essere più difficile. I risultati di molti studi dimostrano come l’attività e quindi anche l’affaticamento neuromuscolare siano minimi a 90 rpm, il che concorda con la cadenza spontaneamente scelta dai ciclisti in pianura. Nelle gare su strada di lunga distanza (medio e gran fondo, oltre alle gare professionistiche) questi risultati suggeriscono che minimizzare l’affaticamento neuromuscolare sia un importante fattore per la scelta della cadenza ottimale.

tipologia di fibre muscolari

La distribuzione e la tipologia delle fibre muscolari è un altro fattore che sembra influenzare la cadenza ottimale. La cadenza con il minor costo energetico risulta essere più elevata con le fast twitch (fibre veloci) rispetto alle slow twitch (fibre lente).
Di fatto un ciclista con predominanza di fibre muscolari veloci sarà naturalmente più predisposto a pedalare a cadenze elevate. Ciò è confermato anche dal fatto che i ciclisti più veloci (pistard e velocisti), oltre ad avere un valore di potenza assoluto più elevato rispetto ai ciclisti meno veloci, dimostrano di essere in grado di applicare più forza (e potenza) ad alte cadenze di pedalata. Infatti, come è ben visibile anche durante le trasmissioni televisive, un ciclista veloce e i pistard utilizzano cadenze più elevate avendo a disposizione una maggior percentuale di fibre veloci rispetto ad uno scalatore o ad un passista, che avendo predominanza di fibre lente, tenderà a preferire cadenze più basse.

cadenza di pedalata


La cadenza di pedalata ottimale dal punto di vista metabolico

In molti studi la cadenza che sembra essere la più “economica” dal punto di vista metabolico, ovvero quella contraddistinta dal minor dispendio di VO2, risulta essere compresa tra 56 e 80 rpm, con un valore medio di 67 rpm, dunque molto inferiore dalle cadenze abitualmente scelte dai ciclisti esperti su strada.
La concentrazione di lattato ematico, invece, non è influenzata dalla cadenza se la potenza è bassa.
E’ abbondantemente dimostrato, quindi, che la frequenza cardiaca presenta una relazione lineare co il VO2 che non è influenzato dalla cadenza di pedalata. Di conseguenza la frequenza cardiaca non è un indice utile a determinare la cadenza di pedalata ottimale.

La percezione della fatica è una variabile fondamentale nella prestazione di un ciclista e, senza alcun dubbio, influenza la cadenza di pedalata. La percezione dello sforzo varia con il variare della potenza ma mantenendo costante la cadenza, ma anche con il variare della cadenza mantenendo costante la potenza. Inoltre, la cadenza che il ciclista d’elite percepisce come meno faticosa è maggiore rispetto alla cadenza che produce il minor consumo di ossigeno.


La cadenza scelta dai professionisti

La cadenza media scelta dai professionisti nel corso dei tre grandi Giri (Giro d’Italia, Tour de France, Vuelta a Espana) risulta essere di 72 rpm, ed è mediamente più bassa nelle tappe di montagna rispetto a quelle pianeggianti e nelle cronometro individuali. I valori di cadenza più elevati sono stati osservati durante tappe pianeggianti percorse a velocità inferiori ai 40 km/h. I migliori scalatori durante salite con pendenze superiori al 10% pedalano a circa 80 rpm, anche se il massimo valore si è attestato a 92 rpm. I migliori cronoman invece hanno registrato cadenze medie di 96 rpm.


Qual è la cadenza di pedalata ottimale?

Considerando le gare di endurance, possiamo considerare una cadenza attorno alle 90 rpm come la scelta migliore dal punto di vista del rendimento, dello stress muscolare e della sensazione di fatica. Dagli studi considerati, avallati dall’esperienza sul campo, non sembra esistere una cadenza ottimale valida per tutti, piuttosto la cadenza alla quale si percepisce minor affaticamento sembra riflettere un compromesso tra la cadenza metabolicamente più efficiente. Tale cadenza non è una costante e dipende da molti fattori contingenti, soprattutto dal carico di lavoro (potenza richiesta), dagli adattamenti prodotti dall’allenamento, dall’ambiente e dal terreno (salita, pianura, asfalto, sterrato, ecc.) in cui si svolge l’attività.

Dal punto di vista pratico, pertanto, occorre essere cauti nel forzare i giovani ciclisti e ancora di più i ciclisti evoluti all’utilizzo di cadenze diverse da quelle spontaneamente scelte.

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